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Personale di Antonella Pagnotta
Etra Home Gallery
Via Antonio Valentino, 4 . 80137 Napoli
Dal 20 aprile al 20 maggio 2018
La mostra è visitabile su appuntamento
Info e contatti: Cell. 331 60 29 838 - 333 87 06 954
Foto di Enzo Correnti (C) Copyright
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Unconventional Objects/ Riflessione critica su una minuscola pagnotta.
di Marcello Francolini, critico d’arte
Disposte così come oggetti in una stanza, vengono presentate le opere di Antonella Pagnotta.
Più che opere nuove, sono idee riproposte secondo una modalità nuova: la micro-scultura. La micro-scultura è un rimpicciolimento di una scultura a grandi dimensioni, sta in una scatola come un mondo in un carillon. Una scultura che diviene accessibile all’occhio, dominabile dallo sguardo e intimamente dialogica, ovvero interrogabile, colloquiale. Diviene una presenza accorta, quieta, quasi muta. Per vederla, va interpellata, nel senso che bisogna agirla, scuoterla, e così facendo si entra in essa:
Oggetti non convenzionali, dunque oggetti non propriamente tali secondo una convenzione comune che li vorrebbe invece funzionali a qualcosa. Allora potremmo parlare di loro come dei non-oggetti. Eppure essi stanno in una mostra come delle opere d’arte in un negozio di giocattoli. Ma un negozio d’altri tempi in cui il bambino assemblando le parti imparava a conoscere l’interno delle “cose”. Ecco allora che dovremmo parlare di cose più che di oggetti, chiuse in scatole come i “preziosi”. Ma all’apparenza, più che scrigni paiono custodie che trattengono delle immagini. In effetti in queste cose è l’immagine, l’oggetto. È l’immagine che si assembla, si monta, secondo delle istruzioni. Un’idea manuale portabile. In effetti sono opere che si montano e si smontano, sono trasportabili, non temono viaggi, traslochi, trasporti, restano immutate a qualsiasi cambiamento. Esse sono sempre potenzialmente pronte ad essere interrogate dal loro possessore, lo intrattengono ovunque. Manipolandole, si trattiene su lo sguardo, in modo tale da farlo disperdere in una pura ricerca divertita, una ricerca che non cerca alcunché di specifico, ma solo vaga senza meta. Il tempo speso su queste opere è come un tempo bambino, un tempo che nella casualità delle combinazioni, trova te stesso.
Appaiono queste opere, infine, nella loro minuzia, niente più che un sussurro, o visto il loro spirito, un risolino, da ascoltare a bassa voce. Come dire che queste opere, sembrano prodotte per la casa più che per la galleria. La loro dimensione suggerisce un focolaio familiare più che un “white cube” pubblico. Non hanno bisogno di isolamento, e non temono inquinamento visivo da interno, sono autosufficienti e conquistano il proprio spazio ovunque.
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